mercoledì 17 giugno 2015

1944-2014: l'ordine è già stato eseguito. Un ricordo delle Fosse Ardeatine - 1^ parte

Foto di Patrizia Vincenzoni
A cura del Cantiere24-MVL Gruppo Reportage*

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L’8 settembre 1943 l’Italia dichiara l’armistizio con le forze alleate rappresentate, in Italia, da Gran Bretagna e Stati Uniti. La Germania, che occupava il suolo patrio come alleato, diviene, da subito, forza nemica.
Il 10 settembre sparsi resti dell’esercito italiano (in modo spontaneo e in presenza di ordini contraddittori), con l’ausilio di alcuni volontari civili, cercano inutilmente di contrastare una veloce e potente incursione tedesca per l'occupazione della capitale.
Nonostante il sacrificio di più di mille resistenti, Roma capitola.
Si organizza, perciò, una Resistenza interna coordinata dal Comitato di Liberazione Nazionale (che comprendeva i maggiori partiti italiani, da quello socialista e comunista sino alla Democrazia Cristiana). L’azione di guerriglia e sabotaggio contro le forze naziste fu portata avanti ininterrottamente per nove mesi, dall'ottobre 1943 sino alla liberazione della città, nei primi giorni del giugno 1944.
Il 23 marzo 1944 un commando gappista (GAP, Gruppi d'Azione Patriottica) attacca una colonna del Reggimento Bozen (appartenente alla polizia nazista: Ordnungspolizei) facendo esplodere un ordigno in Via Rasella. Nell’azione, completata dal lancio di bombe a mano, muoiono 33 tedeschi.
La rappresaglia, sollecitata da Hitler in persona, viene affidata, dopo essere colata giù per i gradi della burocrazia militare, al tenente colonnello Herbert Kappler.


Foto di Antonella Cecchi Pandolfini
Una vista d'insieme dell'entrata alle Fosse Ardeatine con il gruppo scultoreo di Francesco Coccia.
Subito dopo l'attacco partigiano le autorità tedesche ordinarono il rastrellamento. Fu un'azione veloce, sommaria, in cui i Todeskandidaten (prigionieri 'degni di morte') vennero scelti solo allo scopo di raggiungere il totale richiesto. 
3 condannati a morte
16 condannati a pene detentive fra 1 e 15 anni
1 persona assolta al processo
154 sotto inchiesta di PG
23 in attesa di giudizio presso il Tribunale Militare Tedesco
40 fermati presso la Questura
10 fermati presso Via RAsella
10 fermati per ragioni di pubblica sicurezza
3 ignoti
75 ebrei


Foto di Antonella Cecchi Pandolfini
Una parte del piazzale antistante le cave dell'eccidio. Subito dopo la fine della guerra il Comune di Roma bandì subito un concorso, aperto ad artisti e architetti, per la sistemazione monumentale del luogo. Due diversi gruppi, vincitori ex aequo, e formati da Nello Aprile, Cino Calcaprina, Aldo Cardelli, Mario Fiorentino, Francesco Coccia e dagli architetti architetti Giuseppe Perugini e Mirko Basaldella idearono la costruzione del sacrario, curarono la sistemazione del piazzale e consolidarono le gallerie in cui avvenne il massacro.

Foto di Maria Cristina Masotti
L'ingresso alle Cave. Qui vennero portati trecentotrentacinque uomini (dieci italiani per ogni tedesco morto). L'Alto Comando Tedesco escluse, quale luogo per la rappresaglia, Forte Bravetta, già sede di fucilazioni fasciste; si orientò, quindi, anche in considerazione dell'isolamento della zona per le cave di pozzolana e arenaria comprese fra le Catacombe di Santa Domitilla e San Callisto, sulla Via Ardeatina.
All'operazione, eseguita rapidamente il giorno dopo l'attacco partigiano, parteciparono 73 uomini di Kappler: 12 ufficiali, 60 sottoufficiali e graduati, 1 soldato semplice.


Foto di Antonella Cecchi Pandolfini

L'entrata delle Fosse Ardeatine vista dall'altezza della prima voragine. Probabilmente l''ultimo brandello di luce che videro i condannati, il 24 marzo 1944. I camion che portavano i 335 uomini accostarono in retromarcia verso l'imbocco della cava: venivano fatti scendere a piccoli gruppi e poi condotti all'esecuzione.
Era il capitano Eric Priebke a spuntare i nomi della lista, a mano a mano che i condannati venivano fatti portare nella parte più profonda della grotta.

Foto di Maria Cristina Masotti
Nei budelli delle gallerie vi è una tenebra fitta. Alcuni soldati illuminano il teatro della strage con i fasci delle torce elettriche.
Gli italiani vengono portati a gruppi di tre o cinque. Una, due, tre, decine di volte
“Ordinai” ricorda Kappler al processo del 1948 “che ogni uomo sparasse un solo colpo, specificando che la pallottola doveva raggiungere il cervello della vittima attraverso il cervelletto, in modo che nessun colpo andasse a vuoto e la morte fosse istantanea”.
Per dare l'esempio ai propri uomini Kappler partecipa alle prime uccisioni.
Le vittime si inginocchiano. Vengono fulminate dalla scarica.
I corpi si accatastano per metri.
Dieci, vento, cinquanta, cento.
I carnefici e le vittime sono costretti a salire sui morti. Sparano ancora.
Centocinquanta. Duecento. Contabilità dell'eccidio. 
Kappler si rassicura. Torna al carcere militare di Via Tasso.
Duecentoventi. Duecentocinquanta.
L'aria è satura dall'odore del sangue e della cordite.
Nessuno può immaginare il grumo di implorazioni, urla, gemiti, rabbia, paura.
Trecento. Trecentodieci.
Alcuni ufficiali sono disgustati. Il tenente Wetjen si rifiuta di sparare.
Kappler torna di corsa alle Ardeatine. Porta del cognac per sostenere i suoi. Accompagna Wetjen. Esegue delle esecuzioni assieme a lui.
Trecentoventi.
La massa di corpi è spessa decine di metri.
I tedeschi impazziscono. Le ultime esecuzioni avvengono istericamente, crivellando le vittime con numerosi colpi, come a scacciare da se stessi il dolore per un compito inumano.
Trecentotrenta.
A via Tasso il maresciallo Steinbrinck confiderà poi a una detenuta: “Dopo ciò che ho visto alle Fosse Ardeatine l’unico modo per dormire è ubriacarmi”.
Trecentotrentacinque.


Foto di Maria Cristina Masotti
Il 28 marzo, quattro giorni dopo, per nascondere l'eccidio, i tedeschi fanno saltare l'ingresso alle cave con delle mine. Questa è la prima voragine provocata dalle esplosioni.


Foto di Maria Cristina Masotti
Due colombi su una sporgenza della seconda voragine. Nel capolavoro di Shakespeare, Banquo accompagna il proprio re, Duncan, presso il castello di Macbeth. Banquo nota degli uccelli che fanno il nido negli anfratti delle mura, rondini chiostraiole:


"La rondine, quest’ospite d'estate,
che sceglie a sua dimora questo sito
è la conferma che il celeste effluvio
s'effonde qui odoroso ed allettante:
non v'è sporgenza, fregio, contrafforte,
o cantuccio che appena sembri adatto,
dove l'uccello non abbia intessuto
con grande amore il suo pendulo letto
e n'abbia fatto una feconda culla;
ed ho osservato che ove questi uccelli
fanno il lor nido e figliano,
l'aria intorno è più dolce e più leggera".


Banquo sbaglia. Lui e Duncan saranno uccisi proprio da Macbeth. Ma qui alle Fosse il lutto si è già consumato e questi colombi, su una sporgenza illuminata dal sole di marzo, sono simbolo e parte di un cielo romano felice, colorato di un azzurro totale, senza macchie.

Fonti per le citazioni

- Alessandro Portelli, L'ordine è già stato eseguito, Donzelli, 1999
- Giorgio Giannini, Lotta per la libertà. Resistenza a Roma 8 settembre 1943-4 giugno 1944, Edizioni Associate, 2001
- Corrado Govoni, Aladino, Palomar, 2006


* Gruppo Reportage:
Maria Cristina Masotti
Antonella Cecchi Pandolfini
Virginia Valletta
Lamberto Di Fabio
(Antonella Venanzi)
(Nicola Barricelli)
Patrizia Vincenzoni
Stefano Martinez

Testi di Gianluca Chiovelli

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